Il presente contributo si propone di analizzare l’evoluzione della componente linguistica sarda nei film realizzati in Sardegna negli ultimi cinquant’anni. La produzione cinematografica in Sardegna, dagli esordi fino agli anni ’60, è caratterizzata dall’uso esclusivo dell’italiano: anche il film più importante della cinematografia ambientata nell’Isola, Banditi a Orgosolo (1961), di chiara filiazione neorealista, utilizza un linguaggio asciutto e straniante, che contrasta fortemente con l’ambientazione. Occorrerà attendere la fine del decennio per avere le prime manifestazioni di contaminazione dialettale, impiegata in maniera drammaturgicamente efficace, in un tessuto prevalentemente italiano. A metà degli anni ’70, con Padre padrone, esplode il dibattito sulla rappresentazione del mondo pastorale sardo, alla quale però non corrisponde un autentico contrasto linguistico italiano-sardo: i pastori dei Taviani parlano una lingua marcatamente artificiosa, espressionistica, schiettamente cinematografica. Alla fine degli anni ’80, il cinema sardo, sulla scia del fervente dibattito sulla lingua in ambito accademico e legislativo, entra nella fase della scoperta dei dialetti, il cui uso in ambito cinematografico cerca di ricalcare la situazione linguistica della Sardegna (bilinguismo con diglossia). Nei titoli della produzione recente (1993-2013), che portano la firma di autori sardi, la settima arte si è finalmente emancipata sul versante linguistico: le varietà del sardo convivono ora in maniera pacifica e naturale con l’italiano regionale.

LA LINGUA IN CINQUANT'ANNI DI PELLICOLE MADE IN SARDINIA

MEREU, MYRIAM
2014-01-01

Abstract

Il presente contributo si propone di analizzare l’evoluzione della componente linguistica sarda nei film realizzati in Sardegna negli ultimi cinquant’anni. La produzione cinematografica in Sardegna, dagli esordi fino agli anni ’60, è caratterizzata dall’uso esclusivo dell’italiano: anche il film più importante della cinematografia ambientata nell’Isola, Banditi a Orgosolo (1961), di chiara filiazione neorealista, utilizza un linguaggio asciutto e straniante, che contrasta fortemente con l’ambientazione. Occorrerà attendere la fine del decennio per avere le prime manifestazioni di contaminazione dialettale, impiegata in maniera drammaturgicamente efficace, in un tessuto prevalentemente italiano. A metà degli anni ’70, con Padre padrone, esplode il dibattito sulla rappresentazione del mondo pastorale sardo, alla quale però non corrisponde un autentico contrasto linguistico italiano-sardo: i pastori dei Taviani parlano una lingua marcatamente artificiosa, espressionistica, schiettamente cinematografica. Alla fine degli anni ’80, il cinema sardo, sulla scia del fervente dibattito sulla lingua in ambito accademico e legislativo, entra nella fase della scoperta dei dialetti, il cui uso in ambito cinematografico cerca di ricalcare la situazione linguistica della Sardegna (bilinguismo con diglossia). Nei titoli della produzione recente (1993-2013), che portano la firma di autori sardi, la settima arte si è finalmente emancipata sul versante linguistico: le varietà del sardo convivono ora in maniera pacifica e naturale con l’italiano regionale.
2014
9788867872053
CINEMA IN SARDEGNA; LINGUA SARDA; ITALIANO REGIONALE DI SARDEGNA
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