In questo numero 1, parte II, vengono ancora ripercorsi i temi fondamentali dell’ermeneutica del Novecento e in particolare trovano collocazione i saggi di Francesca Brezzi, Vincenzo Cicero, Fabrizio Turoldo, Carmelo Vigna. Francesca Brezzi ne Il gioco come arte o L’arte in gioco ripercorre uno dei temi centrali dell’ermeneutica gadameriana, quello della ricerca della «verità» del gioco. A partire dalla nota lettura gadameriane tenterà una lettura «infedele», ovvero una sorta di ermeneutica rovesciata, attraverso cui riuscire a mostrare la dignità ontologica del gioco, del ludus quale esperienza veritativa. Vicenzo Cicero in DIRE CRISTO. Osservazioni su alcuni spunti cristologici in Paul Ricœur ricostruisce il contributo fecondo che Paul Ricœur ha dato alla cristologia e all’ermeneutica del “kerygma”, pur non avendo dedicato opere specifiche alla questione. Di grande interesse la nominazione polifonica del Dio Biblico, come la ricostruzione delle aporie ricœuriane relative al Cristo-Logos, questioni centrale per un pensiero che si irrobustisce nel confronto con la fede. Fabrizio Turoldo in Lo stile ermeneutico di Paul Ricœur: spiegare di più per comprendere meglio ripercorre i temi centrali della ermeneutica ricœuriana. Erede della tradizione filosofica inaugurata da Heidegger e Gadamer, Paul Ricœur ripercorrendo la via tracciata dai due maestri indiscussi dell’ermeneutica novecentesca, ma dandone una lettura del tutto personale. Alla “via corta” seguita da Heidegger, che approda velocemente ad un’ontologia della comprensione, Ricœur preferisce la “via lunga” di una paziente riflessione su psicanalisi, linguistica, narratologia, critica delle ideologie, antropologia, una via lunga che scandaglia l’universo dei segni, dei testi, per far apparire la natura ermeneutica di ogni nostra conoscenza. Cercando di superare la dicotomia posta da Gadamer tra verità e metodo, mostra la complementarità tra lo spiegare (erklären) tipico delle scienze e il comprendere (verstehen) praticato dalle discipline umanistiche. Spiegazione e comprensione sono, infatti, due lati dello stesso arco ermeneutico, quell’arco che si distende ogni qualvolta un lettore si pone di fronte a un testo e da esso si fa interpellare e interrogare. Carmelo Vigna in Ermeneutica e metafisica. Un’alleanza possibile, ripensa al lascito che l’ermeneutica ha dato alla riflessione contemporanea. Se la stagione dell’ermeneutica come forma dominante della filosofia sembra oramai essere tramontata, tuttavia è un dato evidente di come sia riuscita a dare un contributo all’arricchimento del patrimonio teorico occidentale. Evitando di contrapporla al sapere “speculativo” (metafisico), come si usava fare qualche decennio fa, l’ermeneutica va tenuta ancora nel debito conto all’interno del contesto della varietà delle forme del sapere filosofico. Fuggendo da ogni inutile e sterile contrapposizione, può essere pensata alla luce di una nuova e feconda alleanza con la metafisica. Se allora, sono tante le questioni che una riflessione critica sulla ermeneutica pone, sicuramente questo rivela il carattere vivo e vitale di una disciplina che non smette di lasciarsi interrogare dal mondo che ci circonda e non smette di invitare ognuno a diventare fedeli e discreti interpreti del proprio tempo. Solo così non si rischia di restare intrappolati dentro le secche di un sapere chiuso e auto-referenziale il cui più grande pericolo è perdere di vista il legame essenziale con il mondo della vita.

Editoriale

Vinicio Busacchi
Co-primo
Membro del Collaboration Group
;
2018-01-01

Abstract

In questo numero 1, parte II, vengono ancora ripercorsi i temi fondamentali dell’ermeneutica del Novecento e in particolare trovano collocazione i saggi di Francesca Brezzi, Vincenzo Cicero, Fabrizio Turoldo, Carmelo Vigna. Francesca Brezzi ne Il gioco come arte o L’arte in gioco ripercorre uno dei temi centrali dell’ermeneutica gadameriana, quello della ricerca della «verità» del gioco. A partire dalla nota lettura gadameriane tenterà una lettura «infedele», ovvero una sorta di ermeneutica rovesciata, attraverso cui riuscire a mostrare la dignità ontologica del gioco, del ludus quale esperienza veritativa. Vicenzo Cicero in DIRE CRISTO. Osservazioni su alcuni spunti cristologici in Paul Ricœur ricostruisce il contributo fecondo che Paul Ricœur ha dato alla cristologia e all’ermeneutica del “kerygma”, pur non avendo dedicato opere specifiche alla questione. Di grande interesse la nominazione polifonica del Dio Biblico, come la ricostruzione delle aporie ricœuriane relative al Cristo-Logos, questioni centrale per un pensiero che si irrobustisce nel confronto con la fede. Fabrizio Turoldo in Lo stile ermeneutico di Paul Ricœur: spiegare di più per comprendere meglio ripercorre i temi centrali della ermeneutica ricœuriana. Erede della tradizione filosofica inaugurata da Heidegger e Gadamer, Paul Ricœur ripercorrendo la via tracciata dai due maestri indiscussi dell’ermeneutica novecentesca, ma dandone una lettura del tutto personale. Alla “via corta” seguita da Heidegger, che approda velocemente ad un’ontologia della comprensione, Ricœur preferisce la “via lunga” di una paziente riflessione su psicanalisi, linguistica, narratologia, critica delle ideologie, antropologia, una via lunga che scandaglia l’universo dei segni, dei testi, per far apparire la natura ermeneutica di ogni nostra conoscenza. Cercando di superare la dicotomia posta da Gadamer tra verità e metodo, mostra la complementarità tra lo spiegare (erklären) tipico delle scienze e il comprendere (verstehen) praticato dalle discipline umanistiche. Spiegazione e comprensione sono, infatti, due lati dello stesso arco ermeneutico, quell’arco che si distende ogni qualvolta un lettore si pone di fronte a un testo e da esso si fa interpellare e interrogare. Carmelo Vigna in Ermeneutica e metafisica. Un’alleanza possibile, ripensa al lascito che l’ermeneutica ha dato alla riflessione contemporanea. Se la stagione dell’ermeneutica come forma dominante della filosofia sembra oramai essere tramontata, tuttavia è un dato evidente di come sia riuscita a dare un contributo all’arricchimento del patrimonio teorico occidentale. Evitando di contrapporla al sapere “speculativo” (metafisico), come si usava fare qualche decennio fa, l’ermeneutica va tenuta ancora nel debito conto all’interno del contesto della varietà delle forme del sapere filosofico. Fuggendo da ogni inutile e sterile contrapposizione, può essere pensata alla luce di una nuova e feconda alleanza con la metafisica. Se allora, sono tante le questioni che una riflessione critica sulla ermeneutica pone, sicuramente questo rivela il carattere vivo e vitale di una disciplina che non smette di lasciarsi interrogare dal mondo che ci circonda e non smette di invitare ognuno a diventare fedeli e discreti interpreti del proprio tempo. Solo così non si rischia di restare intrappolati dentro le secche di un sapere chiuso e auto-referenziale il cui più grande pericolo è perdere di vista il legame essenziale con il mondo della vita.
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Descrizione: Editoriale dei curatori per la seconda parte del numero inaugurale della rivista Critical Hermeneutics
Tipologia: versione editoriale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11584/237683
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