«Mentre il nostro tempo perde il tragico guadagna la disperazione», scriveva Søren Kierkegaard nel 1843. L’uomo, che perde coscienza del suo limite ontologico, si sente onnipotente come un dio, ma non è disposto ad assumersene la responsabilità. La libertà tanto agognata nei secoli gli si ritorce contro, la vita sembra chiedere conto del suo non senso. Non c’è più nessun dio al quale rivolgersi, l’ultima tragedia è stata quella di Cristo sulla croce: «Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Era la Risposta a Giobbe, come scriveva Jung, era l’ultimo conflitto tragico al quale l’uomo moderno, secondo Kierkegaard, dovrebbe tornare, invocando ancora: Abbà! Padre!

Introduzione. Il volo di Icaro verso il tragico

Claudia Cao;
2017-01-01

Abstract

«Mentre il nostro tempo perde il tragico guadagna la disperazione», scriveva Søren Kierkegaard nel 1843. L’uomo, che perde coscienza del suo limite ontologico, si sente onnipotente come un dio, ma non è disposto ad assumersene la responsabilità. La libertà tanto agognata nei secoli gli si ritorce contro, la vita sembra chiedere conto del suo non senso. Non c’è più nessun dio al quale rivolgersi, l’ultima tragedia è stata quella di Cristo sulla croce: «Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Era la Risposta a Giobbe, come scriveva Jung, era l’ultimo conflitto tragico al quale l’uomo moderno, secondo Kierkegaard, dovrebbe tornare, invocando ancora: Abbà! Padre!
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