G. Tore, Vini e viti nell’Italia moderna in “Studi e Ricerche”, Rivista del Dipartimento di Studi Storici dell’Università di Cagliari, Vol. I, a. 2008, pp. 101-124, ISSN 2036-2714 Frutto di un confronto internazionale sulla coltivazione della vite in area mediterranea il saggio traccia un quadro generale della viticoltura italiana tra ‘500 e ‘600 evidenziando le aree di diffusione, il mutare del gusto e delle preferenze dei consumatori che spinge all’utilizzo di nuove tecniche di lavorazione e ad una selezione dei vitigni. Alla fine del secolo XVI le fonti utilizzate confermano: a- un uniforme radicamento della vite in tutte le regioni della penisola b – la presenza di vigneti sia in aree climaticamente vocate sia in aree poco adatte in cui il vino viene prodotto per l’autoconsumo c – una ormai definita tipologia regionale d – la preferenza, manifestata da nobili prelati e ceti urbani, per vini colorati, robusti e dolciastri e – un attivo commercio dei prodotti più richiesti verso le città capitali, la Germania e l’Inghilterra. f - il vino italiano di qualità alimenta un discreto commercio ma la crescita del settore appare condizionata dalle difficoltà di trasporto e conservazione e dalla limitata domanda. g - il vino comune, trasportato per mare o via terra raggiunge la Germania e l’Inghilterra ma quello meno alcolico, per difetti di imbottigliamento, si deteriora durante il viaggio scontentando acquirenti e consumatori. A causa di tali fattori a fine Seicento, sui mercati internazionali, la credibilità dei vini italiani perde terreno e a prevalere sono ora quelli francesi. Il ritardo sul piano tecnico ed agronomico viene recuperato solo in età napoleonica quando in Lombardia e, limitatamente, in Piemonte e nel Veneto vengono sperimentate nuovi sistemi di produzione e fermentazione provenienti dalla Francia. Se le divisioni regionali e politiche portano ad accese polemiche tra agronomi dei diversi stati italiani, l’Unità nazionale e la necessità di confrontarsi su un mercato molto più ampio spinge i produttori alla costituzione delle prime società enologiche e alla pubblicazione di giornali agrari specializzati che diffondono aggiornati metodi di lavorazione.
Vini e viti nell'Italia moderna
TORE, GIANFRANCO
2008-01-01
Abstract
G. Tore, Vini e viti nell’Italia moderna in “Studi e Ricerche”, Rivista del Dipartimento di Studi Storici dell’Università di Cagliari, Vol. I, a. 2008, pp. 101-124, ISSN 2036-2714 Frutto di un confronto internazionale sulla coltivazione della vite in area mediterranea il saggio traccia un quadro generale della viticoltura italiana tra ‘500 e ‘600 evidenziando le aree di diffusione, il mutare del gusto e delle preferenze dei consumatori che spinge all’utilizzo di nuove tecniche di lavorazione e ad una selezione dei vitigni. Alla fine del secolo XVI le fonti utilizzate confermano: a- un uniforme radicamento della vite in tutte le regioni della penisola b – la presenza di vigneti sia in aree climaticamente vocate sia in aree poco adatte in cui il vino viene prodotto per l’autoconsumo c – una ormai definita tipologia regionale d – la preferenza, manifestata da nobili prelati e ceti urbani, per vini colorati, robusti e dolciastri e – un attivo commercio dei prodotti più richiesti verso le città capitali, la Germania e l’Inghilterra. f - il vino italiano di qualità alimenta un discreto commercio ma la crescita del settore appare condizionata dalle difficoltà di trasporto e conservazione e dalla limitata domanda. g - il vino comune, trasportato per mare o via terra raggiunge la Germania e l’Inghilterra ma quello meno alcolico, per difetti di imbottigliamento, si deteriora durante il viaggio scontentando acquirenti e consumatori. A causa di tali fattori a fine Seicento, sui mercati internazionali, la credibilità dei vini italiani perde terreno e a prevalere sono ora quelli francesi. Il ritardo sul piano tecnico ed agronomico viene recuperato solo in età napoleonica quando in Lombardia e, limitatamente, in Piemonte e nel Veneto vengono sperimentate nuovi sistemi di produzione e fermentazione provenienti dalla Francia. Se le divisioni regionali e politiche portano ad accese polemiche tra agronomi dei diversi stati italiani, l’Unità nazionale e la necessità di confrontarsi su un mercato molto più ampio spinge i produttori alla costituzione delle prime società enologiche e alla pubblicazione di giornali agrari specializzati che diffondono aggiornati metodi di lavorazione.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.