Dopo la novella del 2005, ad uno sguardo d'insieme, a partire dal Progetto Nigro, c'è nella legge 241 una sostanziale continuità culturale e giuridica o si può individuare, in controtendenza, una significativa modifica, correzione o, addirittura, rottura dell'originaria ispirazione? Il quesito è ancor più giustificato dalla sensazione di manifesta contraddittorietà fra alcune delle discipline non secondarie introdotte dalla novella: e così la trasparenza dell'azione amministrativa, elevata da scopo dell'accesso (art. 22) al rango di criterio generale (art. 1, comma 1), contrasta con la svalutazione dei vizi formali e specificamente con la disciplina che rende eventuale l'obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento (art. 21 octies). Questo articolo sembra poi avere segno opposto rispetto all'art. 10 bis che impone una nuova comunicazione prima dell'adozione del provvedimento negativo, nonché all'art. 8, nella parte in cui elimina ogni dubbio sull'obbligo di comunicazione all'istante nei procedimenti ad iniziativa di parte (comma 2, lett. c-ter). E' in controtendenza rispetto alla trasparenza anche la nuova disciplina dell'accesso (artt. 22 ss.), che, accentuando i requisiti di legittimazione (comma 1, lett. b) e introducendo un contraddittorio preventivo coi controinteressati (comma 1, lett. c), limita o rende meno agevole l'accesso e, soprattutto introduce l'idea che, in fondo, i documenti amministrativi non siano pubblici, ma accessibili solo per fini egoistici. Insomma, i vetri di casa dell'amministrazione paiono, dopo queste "innovazioni", piuttosto appannati. D'altronde, la trasparenza dovrebbe essere funzionale ad un controllo generalizzato sull'azione amministrativa, sacrosanto e indispensabile risvolto applicativo del principio democratico, che invece viene espressamente vietato dall'art. 24, comma 3. Da queste antinomie discende l'interesse per una riflessione sulle "tendenze" dell'azione amministrativa a seguito delle recenti modificazioni della disciplina. E' possibile individuare una linea interpretativa che dia coerenza al testo? La questione ha rilevanza, non solo culturale e limitata alla legge 241, ma, per la centralità della disciplina, al di là dei non pochi risvolti pratici, investe la stessa costituzione materiale, giacché la legge 241/1990 è espressione di importanti principi costituzionali e dà forma ad una delle funzioni pubbliche fondamentali, quella amministrativa.

La legge 241 novellata: antinomie e ipotesi ricostruttive

PUBUSA, ANDREA
2007-01-01

Abstract

Dopo la novella del 2005, ad uno sguardo d'insieme, a partire dal Progetto Nigro, c'è nella legge 241 una sostanziale continuità culturale e giuridica o si può individuare, in controtendenza, una significativa modifica, correzione o, addirittura, rottura dell'originaria ispirazione? Il quesito è ancor più giustificato dalla sensazione di manifesta contraddittorietà fra alcune delle discipline non secondarie introdotte dalla novella: e così la trasparenza dell'azione amministrativa, elevata da scopo dell'accesso (art. 22) al rango di criterio generale (art. 1, comma 1), contrasta con la svalutazione dei vizi formali e specificamente con la disciplina che rende eventuale l'obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento (art. 21 octies). Questo articolo sembra poi avere segno opposto rispetto all'art. 10 bis che impone una nuova comunicazione prima dell'adozione del provvedimento negativo, nonché all'art. 8, nella parte in cui elimina ogni dubbio sull'obbligo di comunicazione all'istante nei procedimenti ad iniziativa di parte (comma 2, lett. c-ter). E' in controtendenza rispetto alla trasparenza anche la nuova disciplina dell'accesso (artt. 22 ss.), che, accentuando i requisiti di legittimazione (comma 1, lett. b) e introducendo un contraddittorio preventivo coi controinteressati (comma 1, lett. c), limita o rende meno agevole l'accesso e, soprattutto introduce l'idea che, in fondo, i documenti amministrativi non siano pubblici, ma accessibili solo per fini egoistici. Insomma, i vetri di casa dell'amministrazione paiono, dopo queste "innovazioni", piuttosto appannati. D'altronde, la trasparenza dovrebbe essere funzionale ad un controllo generalizzato sull'azione amministrativa, sacrosanto e indispensabile risvolto applicativo del principio democratico, che invece viene espressamente vietato dall'art. 24, comma 3. Da queste antinomie discende l'interesse per una riflessione sulle "tendenze" dell'azione amministrativa a seguito delle recenti modificazioni della disciplina. E' possibile individuare una linea interpretativa che dia coerenza al testo? La questione ha rilevanza, non solo culturale e limitata alla legge 241, ma, per la centralità della disciplina, al di là dei non pochi risvolti pratici, investe la stessa costituzione materiale, giacché la legge 241/1990 è espressione di importanti principi costituzionali e dà forma ad una delle funzioni pubbliche fondamentali, quella amministrativa.
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