Talvolta il dato di esperienza rivela che alla circostanza della titolarità di un diritto derivante dal rilascio di regolare licenza commerciale "zonalmente" localizzata, ai fini di un esercizio a tempo indeterminato della relativa attività, risulti di ostacolo la natura "oggettivamente" pubblica dei locali nei quali la medesima viene ospitata. Ciò, "giustificando" una preclusione a rinnovare per via diretta l'affidamento in esclusiva dell'uso di quegli spazi. Se non che: per un verso, la semplice appartenenza di locali ad un'amministrazione pubblica non li rende necessariamente "indisponibili" eppertanto, assegnabili solo mediante procedure concorsuali (anziché con contratto di locazione); per altro verso, l'inquadramento concettuale si complessifica per via di una non univoca nozione di pubblico servizio (al cui esercizio il bene sia eventualmente destinato). Può così accadere che: disattendendo l'"aspettativa legittima" dell'intestatario della licenza, si determini un grave nocumento per l'avviamento maturato dal medesimo; per altro verso, si pregiudichino ulteriori interessi riconducibili a competenze abilitative, di programmazione e contingentamento, facenti capo ad autorità amministrative distinte da quella cui i locali appartengono. Le implicazioni di un pedissequo richiamo a certi orientamenti di giurisprudenza può addirittura rivelarsi esiziale per l'interessato al cospetto di ulteriori peculiarità della fattispecie concreta, rendendo ancor più stridente col senso di giustizia un eventuale responso giudiziale appiattito sui "precedenti". Da qui, l'esigenza di prestare maggior attenzione ad una più avveduta ponderazione delle diverse istanze (pubbliche e private) rilevabili; ciò che spinge ad una reimpostazione del problema giuridico alla luce di una concezione dell'interesse pubblico concreto dogmaticamente più consapevole.

"Concessione" in uso esclusivo di beni "pubblici". Orientamenti di giurisprudenza e "variazioni" sul tema. Implicazioni.

Paolo COTZA
2018-01-01

Abstract

Talvolta il dato di esperienza rivela che alla circostanza della titolarità di un diritto derivante dal rilascio di regolare licenza commerciale "zonalmente" localizzata, ai fini di un esercizio a tempo indeterminato della relativa attività, risulti di ostacolo la natura "oggettivamente" pubblica dei locali nei quali la medesima viene ospitata. Ciò, "giustificando" una preclusione a rinnovare per via diretta l'affidamento in esclusiva dell'uso di quegli spazi. Se non che: per un verso, la semplice appartenenza di locali ad un'amministrazione pubblica non li rende necessariamente "indisponibili" eppertanto, assegnabili solo mediante procedure concorsuali (anziché con contratto di locazione); per altro verso, l'inquadramento concettuale si complessifica per via di una non univoca nozione di pubblico servizio (al cui esercizio il bene sia eventualmente destinato). Può così accadere che: disattendendo l'"aspettativa legittima" dell'intestatario della licenza, si determini un grave nocumento per l'avviamento maturato dal medesimo; per altro verso, si pregiudichino ulteriori interessi riconducibili a competenze abilitative, di programmazione e contingentamento, facenti capo ad autorità amministrative distinte da quella cui i locali appartengono. Le implicazioni di un pedissequo richiamo a certi orientamenti di giurisprudenza può addirittura rivelarsi esiziale per l'interessato al cospetto di ulteriori peculiarità della fattispecie concreta, rendendo ancor più stridente col senso di giustizia un eventuale responso giudiziale appiattito sui "precedenti". Da qui, l'esigenza di prestare maggior attenzione ad una più avveduta ponderazione delle diverse istanze (pubbliche e private) rilevabili; ciò che spinge ad una reimpostazione del problema giuridico alla luce di una concezione dell'interesse pubblico concreto dogmaticamente più consapevole.
2018
Immobili appartenenti a pubbliche amministrazioni; Concessioni in uso / Locazioni; Bene patrimoniale indisponibile; Pubblico servizio; Interesse pubblico concreto.
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