La raccolta poetica Les Arpents de l’Aube1 si situa in un momento particolare dell’intensa e suggestiva produzione di Sylvie Biriouk. La scrittrice pubblica questo testo nel 2007 per la casa editrice italiana Schena, nella collana «Poesia e Racconto», nove anni dopo la comparsa della sua prima raccolta lirica La Course des Vents (Adex, 1998). In questi nove anni la scrittrice non ha mai abbandonato la strada della poesia, tutt’altro: dopo essersi confrontata nel corso degli anni con tutta una serie di questioni concernenti il ruolo e il senso dell’arte, in tutte le sue variegate sfaccettature, nella nostra società, è arrivata alla conclusione che la creazione artistica stia attraversando una crisi d’identità e di valori senza precedenti, che l’arte si sia allontanata dalla sua vera e primigenia missione, quella di mostrare cioè i sentieri attraverso i quali l’uomo può alla fine, grazie ad essa, esprimere i suoi più naturali e vitali slanci verso l’Altro, in un rapporto di fraterna tolleranza tra i popoli. Non più, dunque, un’arte elitaria, all’appannaggio di pochi eletti, bensì un’arte totale e totalizzante che inglobi al suo interno le istanze più recondite che dimorano in ognuno di noi.

Erranza e memoria in Sylvie Biriouk: "Les Arpents de l'Aube"

selvaggio mario
2019-01-01

Abstract

La raccolta poetica Les Arpents de l’Aube1 si situa in un momento particolare dell’intensa e suggestiva produzione di Sylvie Biriouk. La scrittrice pubblica questo testo nel 2007 per la casa editrice italiana Schena, nella collana «Poesia e Racconto», nove anni dopo la comparsa della sua prima raccolta lirica La Course des Vents (Adex, 1998). In questi nove anni la scrittrice non ha mai abbandonato la strada della poesia, tutt’altro: dopo essersi confrontata nel corso degli anni con tutta una serie di questioni concernenti il ruolo e il senso dell’arte, in tutte le sue variegate sfaccettature, nella nostra società, è arrivata alla conclusione che la creazione artistica stia attraversando una crisi d’identità e di valori senza precedenti, che l’arte si sia allontanata dalla sua vera e primigenia missione, quella di mostrare cioè i sentieri attraverso i quali l’uomo può alla fine, grazie ad essa, esprimere i suoi più naturali e vitali slanci verso l’Altro, in un rapporto di fraterna tolleranza tra i popoli. Non più, dunque, un’arte elitaria, all’appannaggio di pochi eletti, bensì un’arte totale e totalizzante che inglobi al suo interno le istanze più recondite che dimorano in ognuno di noi.
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