Losurdo inscrive la transizione di Gramsci dal liberalismo al comunismo critico nella lunga marcia dell’universalità, in quella interminabile dialettica tra vecchio e nuovo all’interno della quale si situano contraddizioni e salti qualitativi immanenti al divenire storico. Le prospettive di trasformazione radicale della società, attorno all’idea di integrale emancipazione umana, sarebbero uno sviluppo del principio di universale dignità dell’uomo (in contrapposizione al particolarismo giuridico aristocratico-feudale) al centro dei rivolgimenti politici di fine Settecento e inizio Ottocento. Gramsci non intende fare del socialismo un becchino della società borghese ma il suo erede. In tal senso si pone in termini dialettici, concependo l’avvento del nuovo ordine come superamento del vecchio, non come la sua semplice negazione. Così, anche in una fase storica segnata dalla grave crisi del liberalismo italiano, disposto a mettere da parte le proprie istituzioni e i suoi valori ideali pur di impedire il cambiamento dell’ordine sociale, Gramsci concepisce il socialismo all’interno di un processo ascendente e progressivo apertosi con la distruzione del vecchio ordine feudale, trovando in Hegel il filosofo che con maggior sistematicità ha saputo concettualizzare il trapasso dal vecchio Stato patrimoniale per caste chiuse al moderno Stato etico.

La dialettica tra “vecchio e nuovo”. Gramsci e la marcia dell’universalità nelle note di Domenico Losurdo

Fresu
2021-01-01

Abstract

Losurdo inscrive la transizione di Gramsci dal liberalismo al comunismo critico nella lunga marcia dell’universalità, in quella interminabile dialettica tra vecchio e nuovo all’interno della quale si situano contraddizioni e salti qualitativi immanenti al divenire storico. Le prospettive di trasformazione radicale della società, attorno all’idea di integrale emancipazione umana, sarebbero uno sviluppo del principio di universale dignità dell’uomo (in contrapposizione al particolarismo giuridico aristocratico-feudale) al centro dei rivolgimenti politici di fine Settecento e inizio Ottocento. Gramsci non intende fare del socialismo un becchino della società borghese ma il suo erede. In tal senso si pone in termini dialettici, concependo l’avvento del nuovo ordine come superamento del vecchio, non come la sua semplice negazione. Così, anche in una fase storica segnata dalla grave crisi del liberalismo italiano, disposto a mettere da parte le proprie istituzioni e i suoi valori ideali pur di impedire il cambiamento dell’ordine sociale, Gramsci concepisce il socialismo all’interno di un processo ascendente e progressivo apertosi con la distruzione del vecchio ordine feudale, trovando in Hegel il filosofo che con maggior sistematicità ha saputo concettualizzare il trapasso dal vecchio Stato patrimoniale per caste chiuse al moderno Stato etico.
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