Nella Sardegna giudicale i «lieros de cavallu» erano medi e grandi proprietari terrieri che per la loro condizione economica potevano e dovevano fornire la loro prestazione militare a cavallo a favore dei giudici. In caso di guerra erano tenuti ad intervenire con la propria cavalcatura e con le proprie armi, mentre in tempo di pace avevano l’obbligo di partecipare alle silvae, battute di caccia svolte periodicamente a favore del giudice e del curatore e di presentarsi, con i cavalli e con le armi, alle mostre, parate che il giudice indiceva regolarmente per passare in rassegna le forze equestri. Come si evince dalla Carta de Logu, i lieros non potevano esimersi da questo obbligo ed anzi, per il servizio che erano tenuti a prestare alla corte, dovevano possedere cavalli maschi di un valore superiore alle dieci lire, che non potevano alienare se non col consenso del giudice. Illustre rappresentante della categoria è il personaggio cui è dedicato questo intervento: Gottifredo quondam Petri d’Arborea. La lettura del testamento, redatto nella sua casa, ubicata nella villa di Orratile (curatoria di Bonorzuli) il 19 giugno 1252 consente di mettere in luce l’entità del patrimonio di Gottifredo, costituito da case e terreni ubicati sia in Toscana che in Sardegna, i suoi rapporti d’affari, i suoi traffici, la sua pietà e il suo attaccamento alla religione. Ma un prospetto più eloquente dell’entità del patrimonio e una conferma della sua appartenenza alla categoria dei «lieros de cavallu» è reso possibile dall’analisi dell’inventario relativo ai beni sardi, redatto in Oristano nel mese di ottobre dell’anno successivo dai tutori della figlia minore Berlinghesca, sull’analisi del quale è principalmente incentrato questo intervento. Numerosi sono i cavalli posseduti da Gottifredo: 9 puledri, un ronzino, due cavalli: Murtinum e Spanum Lepporinum, e diverse cavalle. Nella sua abitazione si trova un piccolo, ma ben fornito arsenale, dal quale poteva attingere le armi da esibire nella «mostra» e in occasione delle «silve», cui partecipava come liber ab equo, con la propria cavalcatura (numerosi sono i cavalli citati nell’inventario, tra i quali 9 puledri, un ronzino e due cavalli: Murtinum e Spanum Lepporinum), indossando anche una ricca armatura. Tra le armi si segnalano, oltre la spada e i coltelli, tre balestre, il cui uso, come si evince dalla Carta de Logu, era riservato ai giudici e ai maiorales, dato che la caccia ad igitu permetteva di colpire più facilmente la preda e di avere così la soddisfazione di ucciderla; coietti, elmo, usbergo, guanti di ferro, gorgiere erano parti della sua ricca armatura.

Armi e cavalieri nella Sardegna giudicale. L’«arsenale» di Gottifredo di Pietro d’Arborea (prima metà del XIII secolo)

Bianca Fadda
2020-01-01

Abstract

Nella Sardegna giudicale i «lieros de cavallu» erano medi e grandi proprietari terrieri che per la loro condizione economica potevano e dovevano fornire la loro prestazione militare a cavallo a favore dei giudici. In caso di guerra erano tenuti ad intervenire con la propria cavalcatura e con le proprie armi, mentre in tempo di pace avevano l’obbligo di partecipare alle silvae, battute di caccia svolte periodicamente a favore del giudice e del curatore e di presentarsi, con i cavalli e con le armi, alle mostre, parate che il giudice indiceva regolarmente per passare in rassegna le forze equestri. Come si evince dalla Carta de Logu, i lieros non potevano esimersi da questo obbligo ed anzi, per il servizio che erano tenuti a prestare alla corte, dovevano possedere cavalli maschi di un valore superiore alle dieci lire, che non potevano alienare se non col consenso del giudice. Illustre rappresentante della categoria è il personaggio cui è dedicato questo intervento: Gottifredo quondam Petri d’Arborea. La lettura del testamento, redatto nella sua casa, ubicata nella villa di Orratile (curatoria di Bonorzuli) il 19 giugno 1252 consente di mettere in luce l’entità del patrimonio di Gottifredo, costituito da case e terreni ubicati sia in Toscana che in Sardegna, i suoi rapporti d’affari, i suoi traffici, la sua pietà e il suo attaccamento alla religione. Ma un prospetto più eloquente dell’entità del patrimonio e una conferma della sua appartenenza alla categoria dei «lieros de cavallu» è reso possibile dall’analisi dell’inventario relativo ai beni sardi, redatto in Oristano nel mese di ottobre dell’anno successivo dai tutori della figlia minore Berlinghesca, sull’analisi del quale è principalmente incentrato questo intervento. Numerosi sono i cavalli posseduti da Gottifredo: 9 puledri, un ronzino, due cavalli: Murtinum e Spanum Lepporinum, e diverse cavalle. Nella sua abitazione si trova un piccolo, ma ben fornito arsenale, dal quale poteva attingere le armi da esibire nella «mostra» e in occasione delle «silve», cui partecipava come liber ab equo, con la propria cavalcatura (numerosi sono i cavalli citati nell’inventario, tra i quali 9 puledri, un ronzino e due cavalli: Murtinum e Spanum Lepporinum), indossando anche una ricca armatura. Tra le armi si segnalano, oltre la spada e i coltelli, tre balestre, il cui uso, come si evince dalla Carta de Logu, era riservato ai giudici e ai maiorales, dato che la caccia ad igitu permetteva di colpire più facilmente la preda e di avere così la soddisfazione di ucciderla; coietti, elmo, usbergo, guanti di ferro, gorgiere erano parti della sua ricca armatura.
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