Il termine “globalizzazione” è uno dei concetti più controversi degli ultimi anni. Le idee sull’argomento si dispongono sui versanti contrapposti di due spartiacque che in parte si intersecano: da un lato gli scettici, dall’altro i globalisti; le posizioni di questi ultimi generalmente si attestano lungo le trincee contrapposte dei ‘no global’ e ‘si global’. Il termine ‘globalizzazione’ viene quasi sempre emotivamente caricato di slogan, piuttosto che scientificamente analizzato. Il fenomeno va letto in chiave geografica, come un processo di integrazione dei diversi sistemi spaziali in un unico a scala globale appunto. Allo stato attuale il livello di integrazione è ben lungi dall’essere uniforme: variano i livelli di sviluppo, la dotazione di risorse, le capacità umane e infine le ‘faglie’ tra i diversi sistemi – culturali, religiose, etniche, ideologiche – piuttosto che riassorbirsi si approfondiscono e le occasioni di conflitto si moltiplicano. La globalizzazione è da interpretarsi in chiave di teoria conflittuale dello sviluppo. Dal momento che lo sviluppo è un concetto multidimensionale, così dovremmo parlare di globalizzazioni al plurale: finanziaria, tecnologica, economica, culturale, politica, ecologica, geografica e sociologica. Le società partecipano differentemente al processo di globalizzazione a seconda del livello di sviluppo raggiunto, dell’accessibilità degli spazi occupati, della dotazione di risorse. Come lo sviluppo può essere endogeno o esogeno, così la globalizzazione può essere esercitata o subìta. Per ciascuna società queste due forme si verificano contemporaneamente , con livelli più o meno elevati di asimmetria tra le due forme. Una variabile importante per spiegare tale asimmetria è rappresentata dal livello di dinamicità delle diverse società. La Sardegna rappresenta un caso di società tradizionalmente statica, che oggi da un lato manifesta segni di dinamizzazione, dall’altra permangono preoccupanti elementi di staticità, o anche di regresso. La partecipazione alla globalizzazione della Sardegna è estremamente asimmetrica: la globalizzazione attiva è quasi trascurabile, nonostante qualche significativa eccezione. Essendo la globalizzazione un processo di integrazione, un ruolo chiave è giocato dai trasporti e dalla logistica, ma la partecipazione della Sardegna in questo settore, per i propri bisogni è insufficiente. La rivoluzione informatica e telematica, che poteva rappresentare un settore più libero dai vincoli posti all’economia dall’insularità, che pure era partita bene, e stranamente in anticipo rispetto al ‘continente’, non ha avuto grande diffusione lungo la gerarchia territoriale. Lo scarso dinamismo demografico e la crescente pressione migratoria costituiscono una minaccia di globalizzazione subìta in grado di cambiare profondamente la struttura sociale e culturale dell’isola.

Globalization and static societies: the case of Sardinia

CAU, LUCIANO
2004-01-01

Abstract

Il termine “globalizzazione” è uno dei concetti più controversi degli ultimi anni. Le idee sull’argomento si dispongono sui versanti contrapposti di due spartiacque che in parte si intersecano: da un lato gli scettici, dall’altro i globalisti; le posizioni di questi ultimi generalmente si attestano lungo le trincee contrapposte dei ‘no global’ e ‘si global’. Il termine ‘globalizzazione’ viene quasi sempre emotivamente caricato di slogan, piuttosto che scientificamente analizzato. Il fenomeno va letto in chiave geografica, come un processo di integrazione dei diversi sistemi spaziali in un unico a scala globale appunto. Allo stato attuale il livello di integrazione è ben lungi dall’essere uniforme: variano i livelli di sviluppo, la dotazione di risorse, le capacità umane e infine le ‘faglie’ tra i diversi sistemi – culturali, religiose, etniche, ideologiche – piuttosto che riassorbirsi si approfondiscono e le occasioni di conflitto si moltiplicano. La globalizzazione è da interpretarsi in chiave di teoria conflittuale dello sviluppo. Dal momento che lo sviluppo è un concetto multidimensionale, così dovremmo parlare di globalizzazioni al plurale: finanziaria, tecnologica, economica, culturale, politica, ecologica, geografica e sociologica. Le società partecipano differentemente al processo di globalizzazione a seconda del livello di sviluppo raggiunto, dell’accessibilità degli spazi occupati, della dotazione di risorse. Come lo sviluppo può essere endogeno o esogeno, così la globalizzazione può essere esercitata o subìta. Per ciascuna società queste due forme si verificano contemporaneamente , con livelli più o meno elevati di asimmetria tra le due forme. Una variabile importante per spiegare tale asimmetria è rappresentata dal livello di dinamicità delle diverse società. La Sardegna rappresenta un caso di società tradizionalmente statica, che oggi da un lato manifesta segni di dinamizzazione, dall’altra permangono preoccupanti elementi di staticità, o anche di regresso. La partecipazione alla globalizzazione della Sardegna è estremamente asimmetrica: la globalizzazione attiva è quasi trascurabile, nonostante qualche significativa eccezione. Essendo la globalizzazione un processo di integrazione, un ruolo chiave è giocato dai trasporti e dalla logistica, ma la partecipazione della Sardegna in questo settore, per i propri bisogni è insufficiente. La rivoluzione informatica e telematica, che poteva rappresentare un settore più libero dai vincoli posti all’economia dall’insularità, che pure era partita bene, e stranamente in anticipo rispetto al ‘continente’, non ha avuto grande diffusione lungo la gerarchia territoriale. Lo scarso dinamismo demografico e la crescente pressione migratoria costituiscono una minaccia di globalizzazione subìta in grado di cambiare profondamente la struttura sociale e culturale dell’isola.
2004
Globalization
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