Il principio di reciprocità si afferma mediante una condizione contenuta nell’articolo 16 delle disposizioni preliminari al codice civile il quale “subordina il godimento dei diritti delle persone fisiche o giuridiche straniere alla reciprocità”. Lo straniero è, dunque, ammesso “a godere dei diritti civili attributi al cittadino a condizione che analoghi diritti siano previsti dal suo ordinamento di appartenenza a favore del cittadino italiano”. La norma individua il trattamento sostanziale senza richiamare la legge che deve essere applicata, bensì determinando l’operatività di “un meccanismo di limitazione preventiva della facoltà di godimento dei diritti civili pur concessi”. La condizione posta dall’art. 16 delle Preleggi consiste, quindi, in un presupposto per la titolarità di una posizione giuridica e la conseguente validità del negozio eventualmente posto in essere. Pur avendo origini risalenti, il principio è stato introdotto dal legislatore del ’42 in un periodo contrassegnato da nazionalismo e protezionismo in contrapposizione con il codice previgente del 1865 il quale asseriva un principio diametralmente opposto, ossia l’uguaglianza tra cittadini italiani e stranieri (art. 3). Con il passare del tempo il contesto è profondamente mutato e nuovi fenomeni, tra i quali l’integrazione europea, la cooperazione interstatale e, soprattutto, la globalizzazione hanno concorso al sorgere del dubbio riguardante l’attualità della condizione di reciprocità. Da qui l’obiettivo di ricostruire le evoluzioni interpretative dell’art. 16 delle Preleggi e gli aspetti applicativi odierni così da rispondere al quesito se si tratti di una norma anacronistica, relegata ai margini del nostro ordinamento, o se sia ancora attuale.

La condizione di reciprocità nel trattamento dello straniero: storia o attualità?

Maria Isabella Manca di Nissa Justin;Daniela Pappada’
2025-01-01

Abstract

Il principio di reciprocità si afferma mediante una condizione contenuta nell’articolo 16 delle disposizioni preliminari al codice civile il quale “subordina il godimento dei diritti delle persone fisiche o giuridiche straniere alla reciprocità”. Lo straniero è, dunque, ammesso “a godere dei diritti civili attributi al cittadino a condizione che analoghi diritti siano previsti dal suo ordinamento di appartenenza a favore del cittadino italiano”. La norma individua il trattamento sostanziale senza richiamare la legge che deve essere applicata, bensì determinando l’operatività di “un meccanismo di limitazione preventiva della facoltà di godimento dei diritti civili pur concessi”. La condizione posta dall’art. 16 delle Preleggi consiste, quindi, in un presupposto per la titolarità di una posizione giuridica e la conseguente validità del negozio eventualmente posto in essere. Pur avendo origini risalenti, il principio è stato introdotto dal legislatore del ’42 in un periodo contrassegnato da nazionalismo e protezionismo in contrapposizione con il codice previgente del 1865 il quale asseriva un principio diametralmente opposto, ossia l’uguaglianza tra cittadini italiani e stranieri (art. 3). Con il passare del tempo il contesto è profondamente mutato e nuovi fenomeni, tra i quali l’integrazione europea, la cooperazione interstatale e, soprattutto, la globalizzazione hanno concorso al sorgere del dubbio riguardante l’attualità della condizione di reciprocità. Da qui l’obiettivo di ricostruire le evoluzioni interpretative dell’art. 16 delle Preleggi e gli aspetti applicativi odierni così da rispondere al quesito se si tratti di una norma anacronistica, relegata ai margini del nostro ordinamento, o se sia ancora attuale.
2025
Principio reciprocità; Straniero
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