“A presentarvi il disegno di una nuova legge mossemi il convincimento che una sola debba essere oggimai la Corte de’ conti, affinché essa corrisponda all’unità politica e amministrativa del regno”. Con queste parole il 21 novembre 1861 l’allora ministro delle finanze Pietro Bastogi introduceva alla Camera dei deputati il progetto di legge per l’istituzione della Corte dei conti del regno d’Italia. Il presente articolo è volto ad analizzare i termini dell’intenso dibattito che ha animato la Camera dei deputati e il Senato del regno durante la discussione del progetto di legge. La questione presenta infatti diversi motivi di interesse. Il primo, e più intuitivo, è l’importanza dell’istituzione che si andava a creare: la prima magistratura la cui giurisdizione investisse l’intero regno, come ripetutamente viene ricordato dai relatori delle commissioni e uffici che esaminarono il progetto, più volte modificato, nonché dai ministri delle finanze che ne furono sostenitori, indispensabile a fronte di un bilancio unificato. Risulta quindi doveroso analizzare se la costruzione di tale istituzione – e nella definizione della sua struttura organica, e nella valutazione delle funzioni da attribuirle – sia stata realizzata con cura e ponderazione delle varie implicazioni emerse nel corso dell’iter parlamentare. Ma bisogna anche considerare che nella discussione parlamentare in oggetto emersero alcune delle più importanti questioni che animavano il dibattito politico e costituzionale italiano dell’epoca – o lo animano ora: la costruzione di un apparato istituzionale comune a fronte di realtà dotate di cultura giuridica assai diversa; le relazioni fra le due Camere; il rapporto fra potere politico e magistratura; l’eredità della cultura amministrativa di matrice napoleonica e l’idea di creare in tal senso dei “grandi corpi” dello Stato; il ruolo dello Statuto albertino; perfino l’estensione delle prerogative regie. Insieme a questi si possono ritrovare altri spunti di riflessione non meno interessanti, ad esempio la visione che i parlamentari dell’epoca, o almeno alcuni di loro, avevano del controllo della Corte dei conti come riconducibile ad un riflesso dei “checks and balances” propri della cultura politica anglosassone, e la possibilità di effettuare una significativa comparazione in materia con gli assetti costituzionali dei paesi europei che maggiormente rappresentavano un punto di riferimento per la legislazione del settore.
Il dibattito parlamentare sull’istituzione della Corte dei conti (1861-1862)
BENUSSI, SILVIA
2012-01-01
Abstract
“A presentarvi il disegno di una nuova legge mossemi il convincimento che una sola debba essere oggimai la Corte de’ conti, affinché essa corrisponda all’unità politica e amministrativa del regno”. Con queste parole il 21 novembre 1861 l’allora ministro delle finanze Pietro Bastogi introduceva alla Camera dei deputati il progetto di legge per l’istituzione della Corte dei conti del regno d’Italia. Il presente articolo è volto ad analizzare i termini dell’intenso dibattito che ha animato la Camera dei deputati e il Senato del regno durante la discussione del progetto di legge. La questione presenta infatti diversi motivi di interesse. Il primo, e più intuitivo, è l’importanza dell’istituzione che si andava a creare: la prima magistratura la cui giurisdizione investisse l’intero regno, come ripetutamente viene ricordato dai relatori delle commissioni e uffici che esaminarono il progetto, più volte modificato, nonché dai ministri delle finanze che ne furono sostenitori, indispensabile a fronte di un bilancio unificato. Risulta quindi doveroso analizzare se la costruzione di tale istituzione – e nella definizione della sua struttura organica, e nella valutazione delle funzioni da attribuirle – sia stata realizzata con cura e ponderazione delle varie implicazioni emerse nel corso dell’iter parlamentare. Ma bisogna anche considerare che nella discussione parlamentare in oggetto emersero alcune delle più importanti questioni che animavano il dibattito politico e costituzionale italiano dell’epoca – o lo animano ora: la costruzione di un apparato istituzionale comune a fronte di realtà dotate di cultura giuridica assai diversa; le relazioni fra le due Camere; il rapporto fra potere politico e magistratura; l’eredità della cultura amministrativa di matrice napoleonica e l’idea di creare in tal senso dei “grandi corpi” dello Stato; il ruolo dello Statuto albertino; perfino l’estensione delle prerogative regie. Insieme a questi si possono ritrovare altri spunti di riflessione non meno interessanti, ad esempio la visione che i parlamentari dell’epoca, o almeno alcuni di loro, avevano del controllo della Corte dei conti come riconducibile ad un riflesso dei “checks and balances” propri della cultura politica anglosassone, e la possibilità di effettuare una significativa comparazione in materia con gli assetti costituzionali dei paesi europei che maggiormente rappresentavano un punto di riferimento per la legislazione del settore.File | Dimensione | Formato | |
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