Il saggio si propone di analizzare El sol del membrillo (Il sole del melocotogno) che, diretto da Víctor Erice nel 1992, è riconducibile all’ampio e frastagliato territorio del cinema documentario, e racconta l’attività quotidiana compiuta dal pittore Antonio López García. Girato con una troupe estremamente ridotta, senza neppure un abbozzo di sceneggiatura e senza l’impiego di attori ma coinvolgendo solo le persone che entrano in contatto col pittore, il film documenta il lavoro di Antonio López ricorrendo a un atteggiamento “mostrativo”, fondato su riprese che, se ricordano l’infanzia del cinema (cinepresa per lo più fissa, inquadrature frontali), sono poi alla base di scelte di montaggio tanto discrete quanto elaborate. L’analisi che qui si propone mira a mettere in luce una sorta di vera e propria filosofia dello sguardo che si articola su tre versanti: il rapporto con il mondo esterno, le pratiche delle arti mimetiche e la dimensione autoriflessiva volta a indagare le potenzialità del medium cinematografico. Si tratta di uno sguardo sostenuto dalla volontà di osservare con attenzione estrema un frammento di realtà minuta e sorretto da un’ampia fiducia nella possibilità di giungere alla rivelazione di una “verità” che scaturisca durante la lavorazione del film e non sia il frutto di un assunto preordinato.
Documentare lo sguardo. El sol del membrillo (1992, Victor Erice)
David Bruni
2017-01-01
Abstract
Il saggio si propone di analizzare El sol del membrillo (Il sole del melocotogno) che, diretto da Víctor Erice nel 1992, è riconducibile all’ampio e frastagliato territorio del cinema documentario, e racconta l’attività quotidiana compiuta dal pittore Antonio López García. Girato con una troupe estremamente ridotta, senza neppure un abbozzo di sceneggiatura e senza l’impiego di attori ma coinvolgendo solo le persone che entrano in contatto col pittore, il film documenta il lavoro di Antonio López ricorrendo a un atteggiamento “mostrativo”, fondato su riprese che, se ricordano l’infanzia del cinema (cinepresa per lo più fissa, inquadrature frontali), sono poi alla base di scelte di montaggio tanto discrete quanto elaborate. L’analisi che qui si propone mira a mettere in luce una sorta di vera e propria filosofia dello sguardo che si articola su tre versanti: il rapporto con il mondo esterno, le pratiche delle arti mimetiche e la dimensione autoriflessiva volta a indagare le potenzialità del medium cinematografico. Si tratta di uno sguardo sostenuto dalla volontà di osservare con attenzione estrema un frammento di realtà minuta e sorretto da un’ampia fiducia nella possibilità di giungere alla rivelazione di una “verità” che scaturisca durante la lavorazione del film e non sia il frutto di un assunto preordinato.File | Dimensione | Formato | |
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